Uno
degli aspetti più interessanti
dell’esperienza dei comitati sorti in questi anni per combattere
nocività varie è l’aver costituito percorsi originali ed autonomi,
almeno in potenza escludenti i meccanismi di delega e rappresentanza.
E’
importante per ognuno di noi, dopo una vita passata a delegare
qualcuno per tutte le decisioni che ci riguardano, come singoli e
come comunità, toccare con mano situazioni che dimostrano che la
continua delega non è nel nostro interesse, anzi è inutile. Che la
possibilità di “funzionare” diversamente, ineditamente rispetto
a quello che sembra l’ovvio, c’è, ed è a portata di mano qui e
adesso. La
gente è talmente abituata a non prendere decisioni proprie che
l’unico gesto che ha la forza di compiere è quello di fare una
croce sulla scheda elettorale, sperando che così le cose vadano
meglio. Il fatto stesso dell’autocostituirsi in gruppo di persone che
approfondiscono e intervengono, appunto, nega praticamente i processi
di separazione della politica dalla vita reale. Di più: generalmente
un comitato è trasversale,
quindi formato per lo più da persone che militanti o attivisti non
sono mai stati. Persone vere,
che
si attivano per la lotta specifica, che forse rappresenterà una
delle poche volte in cui si spezza la routine, per impegnarsi in
prima persona e lottare per conseguire un risultato, senza fini di
potere, solo per (auto)difendere la vita.
Si
è visto però che molto spesso i meccanismi di delega,
rappresentanza, affiliazione con padrini politici, ecc., rientrano
velocemente dalla finestra. Come la fissazione di ruoli (le figure di
riferimento di questa o quella lotta), il riferirsi esclusivamente
alle istituzioni, quasi con l’ansia di essere riconosciuti da queste
(i tanti e inutili incontri con sindaci e assessori o le polemiche
mediatiche con gli imprenditori, che le nocività le producono e le
difendono!), l’ansia di apparire sui media, fanno rientrare un
meccanismo di “autonomia del politico” che alla radice era
negato. Allora capita spesso che la gente inizi a criticare le
istituzioni ufficiali finalmente delegittimate… solo per
sostituirle con “il Komitato” come istituzione alternativa, ormai
delegata, nell’immaginario collettivo, a risolvere quel problema!
(Cosa questa che spesso è, per alcuni, un triste obbiettivo).
Non
cogliere tutto questo è miope o strumentale. Nel primo caso
probabilmente quello che interessava era di scongiurare la nocività
nel nostro giardino, fottendosene del giardino degli altri
(sconfiggendo un mostro per crearne uno ancora più aberrante…).
Nel secondo, ci si è innamorati del giocattolo
comitato
e lo si difenderà e perpetuerà a tutti i costi!
Bisogna poi metterci
d’accordo su cosa intendiamo per nocività: è solo questione di
qualcosa che avvelena i corpi e il territorio? Certo che no!
Intendiamo la Nocività in un senso sociale: come tutto ciò che,
scelto o imposto, condiziona in maniera deleteria la vita e
l’autonomia di ogni individuo: un inceneritore come la
videosorveglianza, una centrale nucleare come una frontiera… come
un lavoro di merda!
L’esperienza
diretta ci ha insegnato che se la pratica di lotta non è unita ad
una critica radicale del capitalismo, delle Istituzioni, del potere,
insomma delle condizioni in cui e per le quali le nocività
esistono… l’esperienza dei comitati rimane, appunto, solo
interessante!
Occorre approfondire la consapevolezza che nell’opporci alle nocività
ci stiamo impegnando allo stesso tempo per un mutamento sociale
radicale, cioè stiamo lottando anche contro il modo di vita che
queste nocività ha prodotto. Senza questa lucidità
potremo
anche impedire l’insediamento di una fonderia o l’apertura di un
devastante impianto di risalita, ma rimarranno intatte le condizioni
e gli interessi che li hanno favoriti. Fra poco o tanto tempo il
problema si ripresenterà in altra forma… avremo solo perso
un’occasione per approfondire, praticare e diffondere la critica.
Lottare
contro le nocività (o meglio contro LA nocività, il sistema
economico, politico, culturale che le produce) significa
metterne in discussione le norme e le regole sociali che permettono
che questo stato di cose non abbia mai termine. E nell’opporci
cercare metodi e tattiche che escludano radicalmente la possibilità
di riprodurre questi meccanismi sociali e i mostri che
inevitabilmente producono. Alludere già al mondo (ai mondi) che
vogliamo.
Sia chiaro, affermiamo
tutto ciò con grande rispetto per quasi tutte le persone che si
sbattono per migliorare il mondo in cui viviamo, alcuni di noi hanno
provato l’esperienza a tratti esaltante del “fare comitato”, non
stiamo sputando sentenze a caso. E’ che ogni tanto è importante
tirare le somme di quello che si è fatto, cercare di capire dove
andare, o almeno dove non andare.
Ci sembra che
l’esperienza dei comitati (di quelli che conosciamo) si sia ficcata
in un cul de sac dal quale è dura uscire e, a costo di essere
noiosi, è solo perché non si riesce (o non si vuole) inserire le
critiche alle nocività nella lotta contro LA nocività, il sistema,
la causa. E le tipiche soluzioni che vengono messe in campo per
tentare di arginare i disastri di questo sistema, molte volte non
rappresentano che tacconi poco efficaci, in quanto non intendono
intaccare in nessun modo l’esistenza stessa del sistema mortifero
ma si propongono solamente qualche correzione dei suoi effetti,
finendo per cadere nell’errore di chi pensa che una tale
mostruosità possa essere riformata, migliorata, perfezionata
piuttosto che distrutta.
In questo senso le
imminenti elezioni, con il solito triste teatrino di scambismo di
poltrone, che mobiliteranno energie e immaginario di (quasi) tutti,
buoni e cattivi, furbi e ingenui, saranno un banco di prova ideale
per verificare quanto appena detto.
Di sicuro sono ai primi
posti del nostro “CHE NON FARE”.
Mentre quello che
continueremo a fare sarà approfondire, studiare le nocività con uno
scopo ben preciso: combatterle.
E’ a questo punto che
preferiamo sganciarci dal comodo approdo ormai rappresentato dai
comitati: troppe navi vi hanno attraccato. Anche quelle di sua
maestà. Preferiamo di gran lunga tornare al largo con i pirati, che
questo mondo non vogliono riformare, non vogliono governare, ma
rivoluzionare radicalmente!
Vik
l.a.b. Desir, feltre