Scontri in Valsusa – Rifiutiamo il vostro copione

In attesa della scontata ondata repressiva dove si scopriranno cupole di blackblockorganizzatipersovvertireblablabla…

Il gip di Torino Federica Bompieri ha convalidato stamattina gli arresti dei quattro compagni arrestati durante l’assedio al cantiere Tav di domenica 3 luglio in Valsusa.

per scrivergli, dare solidarietà, fargli sentire il nostro calore e la nostra vicinanza

Marta Bifani
Roberto Nadalini
Salvatore Soru
Gianluca Ferrari

casa circondariale
via pianezza 300
10151 torino

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riceviamo e diffondiamo:

Questo comunicato nasce come risposta ai tanti articoli usciti in questi giorni in riferimento agli scontri in Val di Susa. In particolare, l’inderogabilità di queste parole nasce da un articolo particolarmente sconcertante, firmato Zancan sulla copia online de La Stampa. (http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/410044/)

Questo breve comunicato vuole fornire l’interpretazione di quegli stessi eventi sotto un’altra luce, dalla prospettiva di chi compie un’analisi sul significato di “civiltà” e “violenza” inevitabilmente diversa e distante dai giornalisti e dalle giornaliste impegnate a screditare la resistenza attiva di chi ha scelto l’azione diretta anziché gli slogan e i cortei composti, contro la violenza reale di chi ha interessi economici nel progetto Tav.

RIFIUTIAMO IL VOSTRO COPIONE

Quello che i quotidiani in questi giorni stanno riportando in riferimento agli scontri in Val di Susa, getta una luce fioca sulle troppe ombre di questa situazione, liquidata dai media come il solito teatrino pieno di cliché. Rimaniamo basiti, quando leggiamo che dei ragazzi e delle ragazze, scese in strada – e nei boschi – per lottare nel nome della solidarietà e dell’impegno per ciò che è cosa comune, vengono etichettate come balordi e
terroristi. Si parla di facinorosi e facinorose “a cui probabilmente non importa nulla della Tav”; i giornalisti fanno a gara per restituire l’immagine mediatica di questa situazione dalla prospettiva il più moderata possibile della polis democratica. Una democrazia che chiede di accettare l’ingiustizia perché presentata a norma di legge, una burocrazia che scalza l’etica finché il buon senso diviene poco più che un’opinione tra le tante, rispettabile quanto la corruzione e l’ecocidio.

L’apice di questa escalation è stata probabilmente raggiunta con l’articolo comparso su La Stampa e firmato da Zancan, nel quale il giornalista impegna la propria penna per regalarci l’istantanea di un padre addolorato che esprime pubblica vergogna per la figlia-mostro. Zancan disegna abilmente l’intreccio di un romanzo drammatico nel quale la brava ragazza, impiegata d’ufficio con la testa sulle spalle, si lascia trascinare nell’ambiente dell’animalismo radicale e dei centri sociali, in uno scenario noir dalle tinte fosche. L’epilogo di questa novella è scontato: Marta non c’è più, la neo-terrorista verde/nera si ritrova dietro le sbarre a pagare per i suoi errori, perché la giustizia alla fine vince su tutto.
Presumibile il sequel nel quale il pentimento e la redenzione della giovane debosciata, pronta a buttare via la maglietta nera e ad indossare un castigato completo giacca e pantalone, permetteranno la foto ricordo di un padre clemente e di una figlia ritrovata.
Se questa è la sceneggiatura, ci permettiamo di esprimere sinceri dubbi sulle doti creative dell’autore.

A questo melenso tuoneggiare di anatemi e moralismi vari, la nostra ironia è un tentativo per diluire quelle che sono lacrime di una rabbia profonda e di uno sconforto reale. Quattro persone sono state arrestate per aver opposto alle armi dello Stato, la sola arma della solidarietà e del coraggio, sotto la forma di strumenti rudimentali adoperati in un bosco divenuto campo di battaglia. Le ruspe che vorrebbero deturpare una Valle nel nome del profitto per pochi, sono un’arma che troppi giornalisti fingono di non vedere; il disastro ecologico che le aziende tutelate dallo Stato vorrebbero concretizzare in virtù di quel denaro che qualcuno ha estrema fretta di ingurgitare, è una violenza ben più indifendibile che quella legittima dei riottosi e delle riottose. Il vero nemico di Marta, Roberto, Salvatore, Giancarlo e di tutte le persone che domenica 3 luglio hanno imbracciato le armi per difendere una Valle e i suoi abitanti, rimangono i fautori ed i tutori degli interessi economici dietro l’abominio mostruoso siglato TAV. Quelli che vorrebbero liquidare la resistenza nei boschi come l’ennesimo spettacolo di una rissa ultràs contro le “forze dell’ordine”, sbagliano prospettiva e dimostrano una lacunosa cognizione della causalità più elementare. Se in difesa dell’ecomostro Tav sono stati schierati agenti di polizia, carabinieri, guardia di finanza, forestale e via discorrendo, ciascuno di quegli uomini e donne in divisa ha scelto consapevolmente di tutelare gli interessi criminali di pochi a discapito
degli interessi reali di molti, a discapito di tutte le creature abitanti la Val di Susa (non dimentichiamo le popolazioni animali che con la realizzazione dell’inutile progetto in questione, scomparirebbero inesorabilmente).

Ci domandiamo chi sia il vero criminale, se quanti hanno difeso gli interessi di altri a discapito del proprio, o piuttosto chi si è posto a tutore degli interessi di pochi per un misero stipendio e per il senso di fedeltà ad un’istituzione. Ci chiediamo con quale criterio si criminalizzi l’opposizione reale e materiale ad una violenza altrettanto reale e materiale caldeggiando invece una resistenza pacifica in opposizione a ruspe, manganelli e lacrimogeni, allo stupro di una Valle e dei suoi abitanti.
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, a questo principio ci atterremo sempre, non per
violenza gratuita ma per violenza legittima contro una prevaricazione sistematizzata.

Solidarietà ai ribelli e alle ribelli della Val di Susa, solidarietà agli arrestati e alle arrestate, solidarietà a chiunque scelga di agire con decisione contro ogni forma di prevaricazione.

Collettivo Empatia Militante


segue integrazione di informa-azione.info:

A proposito dell’articolo pubblicato su La Stampa (che i piemontesi avveduti chiamano La Busiarda) a cui fa riferimento questo scritto del Collettivo Empatia Militante, riportiamo un ulteriore elemento atto a sottolineare la meschinità e le menzogne che intridono le pagine della propaganda di regime.

da indymedia lombardia – articolo completo su:
http://www.fidentino.com/2011/07/franco-bifani-la-figlia-e-un-articolo.html

Estratto:

Con riferimento ad un articolo, riguardante la situazione di mia figlia, Marta Bifani, apparso su Il Quotidiano-Polis di oggi, mercoledì 6 c.m., tengo a precisare, a sottolineare ed a smentire alcune cose.
L’articolo, a pag. 6 del suddetto quotidiano, ripreso quasi per intero da La Stampa di ieri, riporta una supposta, mai avvenuta e mai autorizzata intervista che io avrei rilasciato ad un giornalista del quotidiano torinese, nel pomeriggio di ieri.
Costui, dopo un giro informativo di ore presso varie fonti, ufficiali ed ufficiose, per racimolare notizie su di me e su mia figlia Marta, si è inventato un’intervista che mai gli ho rilasciato ed alla quale, senza alcun tatto e senza un briciolo di umanità e comprensione, mi aveva subito invitato, perentoriamente, appena dopo avermi colpito con la notizia dell’arresto e della carcerazione di Marta, notizia che io, effettivamente, ignoravo del tutto. Ma si sa, i quotidiani vogliono le loro vittime sacrificali, giorno dopo giorno, da dare in pasto al Moloch del pubblico filo-gossiparo.
Ad una seconda ed insistente richiesta, via mail, sempre a quel giornalista, avevo risposto con la frase, in seguito maliziosamente ed artatamente enucleata, circa quello che ci si poteva aspettare, ai tempi, se un giornalista avesse chiesto, con le debite differenze sul piano dell’illegalità, ai genitori di famosi dittatori genocidi, l’eventuale eziologìa del loro comportamento: appunto, vattelapesca!.
Ma non mi sono mai permesso di esprimere, ad un perfetto sconosciuto, per telefono, potendosi trattare di chiunque, anche di un becero buontempone, certe frasi lesive ed insultanti sul grado intellettivo ed etico di mia figlia Marta. Quando, come, dove e perchè io avrei poi frignato la mia impotenza educativa sulle larghe spalle del cronista piemontese? Il quale, fra l’altro, nel suo articolo su La Stampa, usava, nei miei confronti, un linguaggio sottilmente ironico, se non sarcastico. Quanto poi all’articolo redatto da Chiara De Carli su La Gazzetta, sempre di oggi 6 c.m., mi domando se fossero necessari certi passaggi con giudizi suoi valoriali, acidi e beffardi, sul comportamento di mia figlia Marta, prima e dopo il suo percorso ideologico ed esistenziale, mettendo in bocca alla sorella maggiore, Chiara, frasi che la medesima non ha mai pronunciato nei confronti di Marta.
Franco Bifani