NON SCORDIAMO MIRCO: il 30/12 sotto il carcere per qualche ora di evasione

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#1 desir on 12.23.10 at 4:49 pm

CARCERE, CONFESSIONI DI UNA GUARDIA

Con questo documento siamo su un territorio estremo. Sembra che parte in punta di piedi. Ma è violentissimo. E la violenza non è in chi scrive, nè nelle sue motivazioni, nè nel suo approccio, e neanche nella forma. La violenza e in ciò che già è. Che già in un certo senso si immagina. E che viene rivelato.
Ogni rivelazione è fatta con parole semplici. Ma lascia il segno come i pugni al basso ventre.
E non importa nulla se diecimila persone possono dire.. “ma lo abbiamo sempre immaginato”. C’è sempre nella verità definitivamente espressa, nella confessione che non lascia più adito a dubbi, un salto di qualità che si imprime nell’immaginario e nella coscienza. Anche se prima i dubbi già non ci fossero stati, perché “si è sempre saputo che le guardie, ecc..ecc..”
Tutto quello che volete amici, ma quando è la stessa persona, lo stesso partecipante al Gioco dell’Oca, qualunque esso sia, lo stesso membro di un corpo, anche qui qualunque esso sia, dove vige il codice del silenzio.. quando è questo a parlare.. allora l’effetto è impressionantemente diverso.
Ci sono dei codici che quasi mai vengono rotti. Come la polizia Newyorkese corrotta fin nel midollo.. nessuno avrebbe mai parlato. Ci pensò quel poliziotto strambo, hippie e leggendario che fu Serpico, divenuto noto per il celebre film. Nessuno parla mai, tantomeno a persone appena conosciute. Ci sono prassi. Regole non scritte di un ambiente. Rispettale e non avrai grane. E quando sarai in pensione, fai finta che nulla sia mai accaduto, e che in fin dei conti.. eravate tutti dei “bravi ragazzi”.
Quando qualcuno parla ogni pietosa attenuante, a cui talvolta ci si sforza di credere, per non vedere un cielo tutto plumbeo, viene spazzata via. Questa guardia può essere accusata di viltà. Perché se sapeva non ha denunciato? Se lo avesse fatto sarebbe stato un eroe. Ma gli eroi sono sempre stati pochi. Eppure vi dico, che è assolutamente ECCEZIONALE che si rivelino cose di tal genere a qualcuno che non sia un familiare stretto o un amico intimissimo. E nel raccontare queste cose a Patrizia Pugliese non si può esattamente dire che si è riscattato, ma che almeno ha fatto qualcosa di umano e vero, qualcosa che, magari come un sasso lanciato nel mare, darà il suo piccolo contributo nell’accendere tanti piccoli falò in una notte piena di menzogne.
Vi lascio alla Confessione di una guardia… contenuta nella lettera di Patrizia Pugliese, docente di lettere presso il carcere di Tolmezzo.
Ma prima voglio concludere con quattro citazioni, tratte dal testo che leggerete. E’ sempre la guardia che parla.. Come si usava dire una volta.. si commentano da sole..
“Sai quanta gente mi sono ritrovata dentro.. Ed erano miei amici… Ad un tratto ero obbligato a non vederli non solo come amici, ma anche come uomini… Ma…“Pezzi”“
“Ma chi vuoi che parli? Prova tu a dire queste cose… Vedrai come ti rompono le palle… Come Saviano…. finiresti…Non ho mai visto in tanti anni di carcere un educatore, un professionista esterno denunciare questo stato di cose… Tanto a chi vuoi gliene freghi dei detenuti?“
“Certo che avvengono i pestaggi in tutte le carceri italiane….Io.. no.. mai pestato nessuno… Non ci riesco… Quando vedo mi allontano…. Non voglio vedere e sentire le urla.. Sembrano quelli dei maiali.. Quando vengono uccisi…“
“Si usano delle buste nere, da spazzatura per non lasciare troppe tracce e su quelle si pesta… Poi si sanno i punti da colpire…Ma nessuno ti dirà mai che è stato pestato..“
Sono le 3.32 del mattino, una volontaria che si occupa di problematiche legate al carcere, mi ha appena mandato una serie di mail in cui mi “avvisava” dell’uscita della mia lettera su diversi blog o siti nazionali.
Non ho sonno.
Ho appena finito di parlare con uno di loro, una guardia carceraria, “l’omino apri-porta” lo chiamo io… Sono turbata. Non riesco a dormire. Ho bisogno di scrivere scrivere scrivere, forse vorrei urlare, ululare, miagolare, nitrire, abbaiare…. Farmi sentire da tutti, dall’universo intero ma qui tutti dormono.
Il mio incontro con la realtà carceraria è stata devastante dal punto di vista emotivo, umano. Alcune scene ricostruite stasera mi riportano ai grandi soprusi, eccidi della storia, uno su tutti, l’olocausto, il disprezzo verso gli ebrei, i diversi. Non posso e non voglio fare il nome della guardia in questione. Mi trovo a Trieste. La guardia non lavora in Friuli, ma ciò che mi ha raccontato avviene in tutte le carceri italiane.

Potrei titolare il mio pezzo…. I PIEZZI I CORI MUOIONO SEMPRE

Chiamerò la mia guardia Gesù, perchè ai miei occhi stasera è parso come una sorta di messia. Sono stata invitata a cena da un gruppo di amici triestini, tra questi un ragazzo sulla trentina, brizzolato, aria stanca, invecchiata. La serata si apre con una serie di antipasti e si concluderà su un divano dove io mi improvviso giornalista con tanto di penna e taccuino (ne porto sempre uno in borsetta). Ho fatto la freelance in passato, in varie testate della mia regione di origine: la Calabria. Terra ricca di contraddizioni come tutto il meridione del resto.
Dopo le prime presentazioni, banali e piuttosto stucchevoli, io e Gesù cominciamo a dialogare. Mi dice subito: “Faccio un lavoro duro, un lavoro che alcune volte mi costringe a non dormire….” Incuriosita gli chiedo che razza di lavoro è un lavoro che non ti lascia dormire, provo ad immaginare, passo a rassegna numerosi lavori: l’operaio turnista, l’infermiere, il camionista…. Gesù incalza… “Sono una guardia carceraria, un agente, lavoro presso il carcere di…..”
Rimango attonita per un’istante… Non posso crederci che un incontro del tutto inaspettato (questo) mi condurrà al pianto, alla riflessione, al senso di vuoto, di smarrimento…. fino a toccare punte estreme di vera e propria angoscia.
Io mi chiamo Patrizia, Patrizia Pugliese ho 35 anni e un cervello che non ama la menzogna e le ingiustizie. Anch ‘io ho lavorato in carcere (docente di lettere), in quello di Tolmezzo, carcere di massima sicurezza, un’enorme quadrato color cemento… Avevo appena finito, un 5 ore prima, se non di più, di scrivere una lettera a Carmelo Musumeci, lo trovo un uomo di grande spessore. Era una lettera di ringraziamento ai miei ragazzi dell’ AS.
A Gesù dico subito quello che penso del carcere, dell’ergastolo ostativo, del reinserimento sociale dei detenuti, dell’incongruenza tastata con mano, dell’indifferenza di alcuni miei colleghi pur di non andare a scomodare un sistema che fa comodi a molti. Parlo con lui di uomini-ombra , cerco di farlo ragionare, le uniche parole dette.. “Lo so, Patrizia, ma non dipende da me… Io faccio solo il mio lavoro”
Quando hai iniziato a fare questo lavoro? Incalzo io… Cerco di capire anche l’altra metà… Stasera ho deciso di stare ad ascoltare l’altra metà del carcere_mela…

Gesù:” Sono circa 10 anni che faccio questo lavoro”….

Patrizia: “… E ti piace?”

Gesù: “… Bhè piacermi, è una parola grossa… diciamo che sopravvivo”

Patrizia: “Sopravvivi a cosa?

Gesù : “Al dolore, alla storia dei deboli, dei marocchini, degli albanesi, ma di tanti, anzi troppi ragazzi italiani. Sai quanta gente mi sono ritrovata dentro.. Ed erano miei amici… Ad un tratto ero obbligato a non vederli non solo come amici, ma anche come uomini… Ma…“Pezzi”

Patrizia: “Pezzi? Cosa significa pezzi?”

Gesù: “Così vengono chiamati i detenuti, “pezzi”… Ma anche noi guardie…Insomma, sì… Siamo tutti dei pezzi… Nel bene e nel male….”

Patrizia: “Ah… Dunque tra di voi vi chiamate pezzi…”

Gesù: “Si tra di noi comunichiamo così, se per esempio in sezione ci sono 30 detenuti noi diciamo 30 pezzi…”

Patrizia: “E… Come li trovi questi pezzi? Cioè li trovi umani?”

Gesù: “…Dipende… Diciamo che gli italiani sono più educati… Gli extracomunitari rompono sempre il cazzo… Ma.. Io.. Una volta ho salvato un marocchino… Aveva tentato di uccidersi con il laccio delle scarpe…Ma io l’ho salvato…”

Patrizia: “Come hai fatto a rompere il laccio delle scarpe dal collo del”pezzo”?

Gesù: “Facile, ho usato un accendino… Ma mica è l’unico che ho salvato… Sai quanti… Io non sono cattivo come certi miei colleghi… Sai quante volte mi hanno detto… Stronzo e lascialo morire lì quel delinquente…. Ma io non voglio pesi sulla coscienza, Patrizia, io quando torno da mia moglie e da mia figlia devo guardarle dritte negli occhi… Alcune volte mi ritornano in mente scene non belle che ho visto nelle varie carceri italiane….”

Patrizia: “Tipo? Che cosa hai visto di tanto sconvolgente?”

Gesù: “Mamma, forse è meglio che non te lo dica, tu sei una ragazza, forse ti prende paura…”

Patrizia: “No, vai pure avanti, io non ho paura, altrimenti non sarei andata a lavorare in un carcere di massima sicurezza”…

Gesù: “Una volta, un albanese, aveva appena saputo della madre morta…. Dopo poche ore si era aperta la pancia con una lametta per farci la barba… Aveva le budella di fuori… Sono corso in bagno a vomitare… Non ho dormito per diverse ore…”

Patrizia: “Perchè secondo te ha sentito la necessità di aprirsi la pancia? Qual’è il motivo di un gesto così estremo?”

Gesù: E senti, Patrì, quello stava già depresso.. Sai quanti depressi ci stanno in carcere? Forse, dico io, non gli avranno dato il permesso di andare ai funerali e lui ha cercato di uccidersi… Poi.. lo saputo dopo, è stato ricucito e si è salvato… Ma io non ho dormito, per mesi ho avuto incubi, sudavo e mia moglie che mi implorava di cambiare lavoro… Cambiare lavoro adesso? E cumme facciu a cangiare… A’ Crisi….”

Patrizia: “A proposito di depressione (io studio psicologia a Trieste) ho notato che molti ne soffrono. Anche a Tolmezzo, una volta ho sentito un ragazzo urlare, non era un mio allievo, era della comune, uno straniero, poteva avere 24 anni. Sembrava uno zombie. Ho chiesto alla mia collega delle medie cosa fosse successo… lei mi ha risposto che prima era un ragazzo brillante, un tipo attento alle lezioni, mentre, adesso è da un paio di giorni che si comporta strano. Mi ha detto che gli stanno dando delle pillole per calmarlo. Il ragazzo si recherà da solo in sezione in perfetto stato confusionale. Credo che sia stato punito per questo, sento le urla di un appuntato che incalza… “E che diamine!!! Questi dottori di merda che li imbottiscono di psicofarmaci!!!! Poi vedi come si riducono. “La guardia in questione è fuori di sé, invece di calmare il ragazzo in preda a un vero e proprio stato di ansia lo riempe di insulti…” Il giorno dopo si presenterà tutto fasciato… Si è procurato delle lesioni agli arti superiori con la lametta….”

Gesù:”Ma sai quanti in carcere si tagliano, si provocano ferite per protesta…”

Patrizia” E voi che fate in questi casi”?

Gesù: “Cosa vuoi che facciamo? Li portiamo in infermeria, medicati, un calmante, per avere un colloquio con uno psicologo… Ne passa tempo devi fare le domandine… E non sempre ti vengono inoltrate.. Per cattiveria, alcune non partono nemmeno…”

Patrizia:” Già, gli psicologi… Loro che ruolo hanno dentro un carcere, possibile che non intervengano? Possibile che non si rendono conto del recupero della persona. Se quello che mi dici è vero, io non potrei mai fare la psicologa in un carcere… qui si stanno violando i diritti umani. Questa è roba da denuncia…”

Gesù: “Ma chi vuoi che parli? Prova tu a dire queste cose… Vedrai come ti rompono le palle… Come Saviano…. finiresti…Non ho mai visto in tanti anni di carcere un educatore, un professionista esterno denunciare questo stato di cose… Tanto a chi vuoi gliene freghi dei detenuti? Io però ho la coscienza a posto una volta ho salvato un marocchino da un tentato suicidio… lui poi si è ripreso e mi ha detto grazie… Piangeva come un bambino… Mi ha detto che aveva il diritto di morire, che lui era un cane e che sua moglie avrebbe capito così come anche il bambino… Crescendo. Gli ho detto che non doveva farlo, che la moglie e suo figlio lo aspettavano….”

Patrizia: “Quanti anni di detenzione doveva scontare questo marocchino?”

Gesù: “In totale solo due anni, gli mancavano circa 300 giorni?”

Patrizia: “Solo 300 giorni? E per un anno lui ha tentato di farla finita….Pazzesco…”

Gesù:”Si.. Ma sai quanta disperazione c’è… A me fanno pena.. Sembrano leoni in gabbia, una volta a uno gli ho raccolto una pagnotta da terra, lui era dentro la cella.. E la pagnotta è cascata fuori dalle sbarre.. Bhè io l’ho raccolta … Un mio collega si è avvicinato al detenuto e con violenza gli ha detto….Sei fortunato che stasera hai trovato lui… Per me potevi pure morire di fame pezzo di merda!!!”

Patrizia: “Ma come si ammazzano il più delle volte?”

Gesù:” Si impiccano, si strangolano con i lacci delle scarpe, si tagliano le vene con le lamette oppure si mettono un sacchetto di plastica in testa e ci infilano il fornellino e aspirano il gas…”

Patrizia: “Quanto ci impiega un detenuto a morire per asfissia..?

Gesù: “Bhè credo un paio di minuti.. Io li ho sempre trovati morti… Alcuni lasciano biglietti di perdono, una volta mi fece impressione la morte di un ricco imprenditore, si era ammazzato così. Lo ricordo educato, un signore, un vero signore… e dentro di me pensavo che era tipo da Hotel Hilton e non da carcere……”

Patrizia: “Ti è mai capitato di pestare in carcere qualcuno o di assistervi”? Avvengono i pestaggi in carcere?”

Gesù: “Certo che avvengono i pestaggi in tutte le carceri italiane….Io.. no.. mai pestato nessuno… Non ci riesco… Quando vedo mi allontano…. Non voglio vedere e sentire le urla.. Sembrano quelli dei maiali.. Quando vengono uccisi… Ma sai.. Alcuni se la cercano, alcuni ti provocano, ti ci portano a mettergli le mani addosso… Alcuni se la cercano..”

Patrizia. “Si capisco che qualche detenuto possa arrivare alla provocazione, ma non pensi che il fatto di stare 24 ore su 24 al chiuso in celle sovraffollate… aumenti gli scatti d’ira… E’ un po’ come provocarli.. E comunque ci sono delle leggi che tutelano i detenuti… Non avete comunque il diritto di alzare le mani , dovete sorvegliare e garantire l’ordine non picchiare senza pietà…Dunque il caso di Stefano Cucchi potrebbe essere veritiero? Potrebbe essere stato pestato ?”

Gesù: “Certo che è stato pestato… Si usano delle buste nere, da spazzatura per non lasciare troppe tracce e su quelle si pesta… Poi si sanno i punti da colpire…Ma nessuno ti dirà mai che è stato pestato.. Si suppone….”

Patrizia: “E tu? Trovi giusto, tutto questo? Lo trovi giusto? Anzi umano?”

Gesù: “Io non lo trovo né giusto e né umano, ma nelle carceri funziona così, è il sistema e nessuno può farci niente, neanche io che sono buono, tanto al posto mio… arrivano i cattivi….”

Patrizia:” Hai mai pianto, tornando a casa dal lavoro, pensando ai suicidi, ai pestaggi, ai soprusi verbali”?

Gesù: “Senti Patrì, tu sei una brava ragazza, hai un cuore grande e a te stasera voglio dirti la verità, commosso sì, pianto no… Sono stato addestrato a non piangere, a non ridere, sono stato addestrato a essere un pezzo……”

Prima di congedarsi mi saluta col capo chino e mi tende la mano “E’ stato un piacere Patrizia. I detenuti di Tolmezzo sono stati fortunati ad averti come professoressa… Ma stà storia non stà a raccontarla nessuno… Sei giovane, bella, divertiti, dimentica il carcere, fatti stè ferie e lascia perdere, tu mi sembri a Saviano a stessa fine fai se non ti calmi… E non stà a raccontare quello che ti ho detto… anche tu senu piezz e nessuno ti ascolta”.

#2 desir on 12.23.10 at 4:51 pm

PER NON FINIRE COME STEFANO CUCCHI ANCHE PER UN SOLO SPINELLO
SUCCEDE (SOLO) IN ITALIA

Sondrio, 26/5/2006: per due mesi la Guardia di Finanza registra con telecamere gli studenti di una scuola. Alla fine, grande perquisizione, ma nessun ragazzo trovato con il “fumo”. Viene fermato il bidello, con un po’ di hashish in un ovetto Kinder. Bologna, aprile 2007: un mese di lavoro per 120 carabinieri in dieci scuole con i cani antidroga. Controllano bagni, aule, cortili, palestre, scale, zainetti, motorini. Risultato finale: otto grammi di hashish.

Siracusa, 16/3/2007: cinque ragazzi fermati e perquisiti. Una “dose” a testa. Uno ha in tasca la stratosferica cifra di 80 euro: viene arrestato, perché secondo la legge il contante è un indizio grave.

Trepuzzi (Le) 18/4/2007: quattro giovani (due minorenni) innaffiano alcune piantine. Arrestati. 
Taranto, 23/5/2007: due ragazzi fumano in macchina; le forze dell’ordine li sorprendono. Uno è un giovane parroco, viene solo denunciato. Arrestato l’altro. Colpevole di avergli passato la canna.

Mola di Bari, 7/7/2007: in prigione N.G., cuoco trentenne, sposato e con due figli, arrestato per dieci grammi e sei piantine alte pochi centimetri. 

Senigallia (An), 24/5/2007: M.M., ristoratore di 21 anni, in manette: per sette piante. “Le piantine sono state caricate sulla pantera insieme a M.M., a cui è stato contestato il reato di produzione ai fini di spaccio, sufficiente per farlo passare dalla confortevole cucina del proprio ristorante a una più modesta cella del carcere anconetano, dove di certo non potrà dare spazio all’hobby da “pollice verde””, recitano le gazzette locali.

Nocera Inferiore (Na), 16/2/2008: arrestata una donna incinta che nascondeva hashish nel reggiseno. I carabinieri hanno prima perquisito la casa di Giovanna Russo, trovando 200 euro in contanti, “ritenuti provento di attività illecita”. Poi, con l’ausilio di una vigilessa, abilmente occultate nel reggiseno, sono stati trovati 15 grammi. Manette. Il giudice a disposto gli arresti domiciliari.

Tricase (Lecce), 5/6/2010: i finanzieri piombano in classe: hashish tra i banchi? 1,8 grammi trovati. 

Dall’inizio dell’anno scolastico, ci sono già stati 133 interventi in 83 istituti. Finora sono stati sequestrati 12 grammi di hashish.

GENITORI: CHE COSA FARE SE…

Negli ultimi anni, 553mila giovani sono stati fermati, perquisiti, interrogati, sbattuti in celle di sicurezza di caserme e affini. Dal 2002/2003, quando è scattata, con le operazioni “strade pulite e cani nelle scuole”, l’applicazione anticipata della legge Fini. Frugati e rovistati motorini, macchine, case di famiglia. Considerato che i consumatori nella fascia 13-28 anni sono due/tre milioni, le probabilità che vostro figlio (o fidanzato, fratello, nipote…) venga fermato, sono, nel corso del tempo, di uno a 6. Non poche. Che fare?

RISCHI

La legge Fini-Giovanardi stabilisce una quantità molto piccola: 3/4 grammi di erba di qualità media. Oltre, scatta quasi sempre la denuncia penale: da uno a sei anni, e multe da 3mila a 26mila euro (art. 73, comma 5). I settori più preparati e professionali della magistratura giudicante, tendono ad assolvere perché si tratta pur sempre di consumo personale. Ma non tutti hanno questa posizione. Per la coltivazione basta anche solo una pianta e si entra comunque nel reato di “produzione”: da uno a sei anni. In primo e secondo grado le condanne sono frequenti: minimo sei-otto mesi, più spesso un anno. Alcune decisioni della Cassazione hanno ricordato, con ampiezza di argomenti, che la coltivazione di poche piante per sé è un comportamento che rientra nell’uso personale. Ma altre sentenze sono discordanti. Se vostro figlio resta sotto ai tre-quattro grammi, non crediate che vada tutto liscio: scatta un meccanismo infernale. Se è stato sorpreso “nei pressi” del motorino (anche se non guidava), gli agenti glielo possono sequestrare. 
Se stava guidando, senza fumare, 
ma gli trovano una “caccoletta”, 
gli possono ritirare la patente al volo. Dal punto di vista psicologico, 
i momenti più difficili sono i primi. 
Il fermo o l’arresto. Il militare armato, più o meno minaccioso, 
o nervoso, che ordina, prende, fa. Qualche volta può diventare arrogante. Ci vuole freddezza: attenzione alle parole. Quella sbagliata può provocare una situazione difficilissima. L’impatto con la macchina può essere devastante. Anche per mamma 
e papà. Genitori che hanno sempre pagato ogni multa, anche 
per microinfrazioni al codice stradale, si trovano la casa invasa da uomini in armi e cani lupo eccitati che possono buttare 
per aria l’appartamento alla ricerca 
della droga.
PREVENZIONE&ASSISTENZA

Parlare. Serve soprattutto parlare. Spiegare che, anche per una canna, si rischia tanto. E, nel caso di problemi con la legge, consultare un legale competente e preparato. Chiamarlo anche in piena notte o all’alba. Perché dev’essere presente durante la perquisizione. 
E in grado di consigliare il cliente per evitare che faccia dichiarazioni controproducenti. Deve poter sottolineare ai militari una serie di fatti che escludono l’ipotesi di spaccio, anche in presenza di una quantità di sostanza superiore ai limiti. Per evitare l’arresto, e per portare argomenti solidi davanti 
al giudice dell’udienza preliminare. 
E poi il perito. Se il materiale sequestrato ha un peso lordo, per esempio, di sei grammi, il perito di parte può (se le cose stanno così) dimostrare che sono molto deboli come potenza ed equivalgono a tre/quattro, dunque sotto il limite.


COSTI

Ci vuole qualcuno con esperienza specifica, che conosca perfettamente la materia (la giurisprudenza, le sentenze della Cassazione). E questo può implicare parcelle per migliaia di euro. 
E anche il perito chimico dev’essere agguerrito: fino a tre/quattromila euro per indagini sofisticate.
Giovani, operai, lavoratori. Incensurati. Di piccoli paesi e cittadine di provincia. È l’identikit che emerge dalle storie drammatiche che abbiamo elencato. Una condizione umana, una realtà, molto diversa da quella dei giovani metropolitani, perlopiù studenti, di famiglia medio o alto borghese, protetti e/o non “toccati” dalle leggi violente della strada, dove si può finire in balia di meccanismi stritolanti e paurosi. 
Dodici suicidi e/o morti sospette che emergono da oltre 100mila articoli di giornali esaminati tra il 2002 – anno in cui inizia l’applicazione “anticipata” della legge antidroga del 2006, in un clima da “strade pulite” – e il 2009. E solo nella ventina di provincie, su cento esistenti, monitorate. Forse altre storie sono sfuggite. C’è un confine netto fra queste vicende e i casi di suicidio in carcere (che sono almeno 50-60 all’anno) e le storie di violenza fisica contro arrestati o fermati, sia per “fumo” che per altri motivi, picchiati da agenti o militari in strada, in caserma, e le storie di persone morte in carcere in seguito a pestaggi. Magari perché poi non curati, come Cucchi. 
”Se un poliziotto massacra un cittadino negli Stati Uniti, viene licenziato in tronco”, ricorda la mamma di Stefano. “Anche da noi, se corressero dei rischi veramente gravi, se non altro per convenienza, magari starebbero più attenti”, ragiona la mamma di Alberto Mercuriali. I suicidi di ragazzi “in libertà”, non detenuti, nei guai per pochi grammi di hashish, sono una realtà a parte. Sono pesanti come macigni. Puntano il dito contro una “legge assassina” (così definita all’epoca da Franco Grillini e da altri deputati e senatori dell’opposizione) e “criminogena” (dai Radicali italiani che non erano in Parlamento). Legge come causa diretta di queste tragedie, perché persone come Mercuriali oppure Ales, miti, incensurati, la polizia dovrebbero vederla solo nei telefilm. E invece vengono colpiti come se fossero dei criminali.
Scatenando il caso Cucchi, bene hanno fatto esponenti storici della difesa dei principi di uguaglianza e libertà, come Luigi Manconi, presidente dell’associazione “A buon diritto” o deputati di centrodestra garantisti come Flavia Perina e Giulia Bongiorno. Ma è stato decisivo il comportamento della famiglia: il padre Giovanni, la madre Rita e la sorella Ilaria. Guardare negli occhi la madre fa venire i brividi. È impossibile non sentire il dramma, la sofferenza. Non sentire cosa può aver provato questa donna immaginando le botte, le urla di Stefano. Ma anche la forza e la determinazione della reazione, l’assoluta mancanza di paura verso possibili intimidazioni. 
La storia del ragazzo romano entrato vivo e uscito morto dall’ingranaggio è finita in prima pagina sui quotidiani e nei tg. Sono nati comitati e reti. Libri, iniziative.
Un aspetto che accomuna storie diverse, è il fatto che per piccoli casi di “fumo” si può finire in carcere. 
Cucchi, per pochi grammi, in prigione non doveva starci. Se al ragazzo fossero stati dati i domiciliari, sarebbe ancora vivo. “Hanno detto che non aveva fissa dimora: ma la perquisizione l’hanno fatta a casa nostra”, mi racconta la signora Rita. Dunque, i domiciliari potevano essere dati lì. Basta poco. Una firma, una carta. Il confine fra la vita e la morte. 
Sull’onda del caso Cucchi, anche le storie allucinanti che abbiamo raccolto, i ragazzi suicidi, stanno trovando più attenzione. E forse qualcuno potrebbe, anzi dovrebbe, ripensare alla legge in vigore.
Guido Blumir (estratto da “D di Repubblica” 7.8.2010)